29-03-2019, 06:44
Buongiorno,
sto scrivendo questo post per avere delle informazioni circa la liceità del comportmento di un professionista sanitario a cui mi sono rivolto.
Sono in cura presso il professionista in oggetto da circa 13 anni, inizialmente presso una struttura sanitaria, successivamente presso il suo studio privato in quanto, rescissa la convenzione tra il primo e la seconda, lo stesso ha deciso di continuare il rapporto privatamente, in quanto impossibilitato a trovare altra sede presso cui convenzionarsi.
Fin qui tutto bene, in quanto come forma di attenzione per il danno subito (la convenzione è stata rescissa dalla struttura per motivi di budget), per lungo tempo ho usufruito di una tariffa di favore, diversa da quella applicata ai privati, cosa che, ovviamente, non era minimamente tenuto a fare.
La stessa tariffa è stabilita "per prestazione", quindi ad ogni incontro.
Nel passare direttamente nello studio privato, però, il professionista ha imposto una regola, che a sua detta è approvata anche dall'ordine a cui il professionista è iscritto, di cui però io non sono per nulla convinto, in quanto suona decisamente come un'estorsione.
Lo stesso, infatti, ha deciso che, stabilendosi una prestazione settimanale ricorrente (1h ogni settimana), non sono accettate assenze giustificate di nessun tipo e che quindi, anche in caso di comunicazione circa l'impossibilità a partecipare molto anticipata (da una settimana a un mese e oltre) o per cause di forza maggiore (incidente, traffico, guasto mezzo di trasporto, etc...) la prestazione va comunque pagata.
Ora, passi pure la causa di forza maggiore (per quanto credo che vi sia causa e causa...se non direttamente a me imputabile), ma addirittura richiedere il pagamento quando si avvisa un mese per l'altro dell'impossibilità a partecipare mi risulta decisamente strano.
Tra l'altro, essendo previsto il pagamento "per prestazione" e non una tariffa "flat" indipendentemente dal numero di incontri, mi sembrerebbe ancor più corretto, anche dal punto di vista legale, che in caso di impossibilità a concludere la prestazione, la stessa non debba essere pagata.
Come detto, il professionista sostiene che anche il suo ordine approva un simile comportamento, come disincentivo all'assenteismo che non permette di produrre una prestazione efficace.
Ora, la cosa va avanti da un po' (e secondo un'altro paziente, è stata adottata perchè altrimenti lo studio medico non potrebbe sostenersi con le spese) e tutto sommato non mi disturberebbe neanche eccessivamente, ma con la richiesta del consenso alla privacy, lo stesso professionista ha messo questa "regola", che prima era solo un accordo informale orale, per iscritto, chiedendo a tutti i pazienti di sottoscriverla e a questo punto ha iniziato ad andarmi decisamente meno bene, perchè se è un gesto che seppur non proprio corretto, permette a tutti di beneficiare delle prestazioni del professionista, altrimenti non erogabili per insostenibilità economica dello studio, è un conto, se la cosa viene palesemente prevista come se fosse un contratto, è un'altro.
Sono quindi qui a chiedere lumi ad un avvocato o qualcuno che mastica il legalese decisamente più di me cosa dica la legge a riguardo su questo tipo di prestazioni (ok che un professionista ha un proprio studio e stabilisce le proprie regole, ma non credo che queste possano andare in contrasto con i principi costituzionali e il pretendere denaro per una prestazione non erogata, seppur per "responsabilità" del paziente non credo sia legale) e se vi siano giustificazioni opponibili per espungere dal foglio privacy la postilla sui pagamenti.
Ringrazio.
sto scrivendo questo post per avere delle informazioni circa la liceità del comportmento di un professionista sanitario a cui mi sono rivolto.
Sono in cura presso il professionista in oggetto da circa 13 anni, inizialmente presso una struttura sanitaria, successivamente presso il suo studio privato in quanto, rescissa la convenzione tra il primo e la seconda, lo stesso ha deciso di continuare il rapporto privatamente, in quanto impossibilitato a trovare altra sede presso cui convenzionarsi.
Fin qui tutto bene, in quanto come forma di attenzione per il danno subito (la convenzione è stata rescissa dalla struttura per motivi di budget), per lungo tempo ho usufruito di una tariffa di favore, diversa da quella applicata ai privati, cosa che, ovviamente, non era minimamente tenuto a fare.
La stessa tariffa è stabilita "per prestazione", quindi ad ogni incontro.
Nel passare direttamente nello studio privato, però, il professionista ha imposto una regola, che a sua detta è approvata anche dall'ordine a cui il professionista è iscritto, di cui però io non sono per nulla convinto, in quanto suona decisamente come un'estorsione.
Lo stesso, infatti, ha deciso che, stabilendosi una prestazione settimanale ricorrente (1h ogni settimana), non sono accettate assenze giustificate di nessun tipo e che quindi, anche in caso di comunicazione circa l'impossibilità a partecipare molto anticipata (da una settimana a un mese e oltre) o per cause di forza maggiore (incidente, traffico, guasto mezzo di trasporto, etc...) la prestazione va comunque pagata.
Ora, passi pure la causa di forza maggiore (per quanto credo che vi sia causa e causa...se non direttamente a me imputabile), ma addirittura richiedere il pagamento quando si avvisa un mese per l'altro dell'impossibilità a partecipare mi risulta decisamente strano.
Tra l'altro, essendo previsto il pagamento "per prestazione" e non una tariffa "flat" indipendentemente dal numero di incontri, mi sembrerebbe ancor più corretto, anche dal punto di vista legale, che in caso di impossibilità a concludere la prestazione, la stessa non debba essere pagata.
Come detto, il professionista sostiene che anche il suo ordine approva un simile comportamento, come disincentivo all'assenteismo che non permette di produrre una prestazione efficace.
Ora, la cosa va avanti da un po' (e secondo un'altro paziente, è stata adottata perchè altrimenti lo studio medico non potrebbe sostenersi con le spese) e tutto sommato non mi disturberebbe neanche eccessivamente, ma con la richiesta del consenso alla privacy, lo stesso professionista ha messo questa "regola", che prima era solo un accordo informale orale, per iscritto, chiedendo a tutti i pazienti di sottoscriverla e a questo punto ha iniziato ad andarmi decisamente meno bene, perchè se è un gesto che seppur non proprio corretto, permette a tutti di beneficiare delle prestazioni del professionista, altrimenti non erogabili per insostenibilità economica dello studio, è un conto, se la cosa viene palesemente prevista come se fosse un contratto, è un'altro.
Sono quindi qui a chiedere lumi ad un avvocato o qualcuno che mastica il legalese decisamente più di me cosa dica la legge a riguardo su questo tipo di prestazioni (ok che un professionista ha un proprio studio e stabilisce le proprie regole, ma non credo che queste possano andare in contrasto con i principi costituzionali e il pretendere denaro per una prestazione non erogata, seppur per "responsabilità" del paziente non credo sia legale) e se vi siano giustificazioni opponibili per espungere dal foglio privacy la postilla sui pagamenti.
Ringrazio.